mercoledì 1 novembre 2017

I Grandi del Blues Rock: 21 - Alvin Lee & Ten Years After





Nasce nel 1944, chitarrista.

Inizia a suonare molto giovane, nel 1960 a 16 anni forma la sua band The Jaybirds con Leo Lyons al basso e Ric Lee alla batteria.






Nel 1966 si trasferisce a Londra, cambia il nome in Jaybird, poi in Jay Bird e finalmente in Ten Years After, con il quale arriverà al successo internazionale.






Il successo arriva con la partecipazione nel 1967 al Festival Blues di Windsor, dove con l'ingresso del tastierista Chick Churchill ottengono un grande succersso.






Mike Vernon, il produttore di John Mayall, ne rimane impressionato e li porta in sala d'incisione dove nasce il loro primo album omonimo.
L'album diventa un successo, il gruppo piace, piace la grinta di Alvin e il suo modo di suonare pulito e fantasioso, piacciono le loro versioni di Spoonful di Willie Dixon e Help, brano bellissimo di Sonny Boy Williamson.
L'album però non piace ad Alvin Lee che preferisce l'atmosfera dei live e la possibilità di suonare senza vincoli e limiti.


Nel 1968 esce Undead, un bellissimo live con I May Be Wrong, Woodchopper's Ball,Can't Keep From Crying e Extension On One Chord, un brano di 12 minuti dove Lee e la sua band trovano il loro spazio ideale in jam libere e sfrenate.


I 5-10 minuti di molti brani diventeranno più avanti quarti d'ora, a cominciare dall'arcifamosa Goin' Home, che in Undead fa il suo debutto.



Nel 1968 è in tour negli U.S.A. e l'anno dopo partecipa al Festival di Woodstock dove ha un enorme successo proprio con Goin' Home.

Nel 69 esce Stonedhenge con brani come Going To Try, A Sad Song e gli oltre 8 minuti di No Title.




Seguono Ssssh,con la splendida cover di Good Morning Little Schoolgirl, l’hard rock di Stoned Woman e il blues nostalgico di I Woke Up This Morning.


Nel 70 esce Cricklewood Green con Love Like a Man e 50.000 Miles Beneath My Brian.
Nello stesso anno esce Watt, con classici come I’m Coming On, She Lies in the Morning e, soprattutto, Sweet Little Sixteen, rifacimento di un famoso brano di Chuck Berry in versione live.







L'anno dopo, nel 1971 esce A Space in Time con I’d Love To Change the World, il loro brano più famoso e l’opening track One Of These Days.
L'album vede un cambio di rotta, il blues viene mixato con il rock psicadelico, molto di moda in quel periodo.





Il cambio consente ad Alvin di esprimere al massimo le sue capacità e sarà la fase più matura del gruppo.




Esce Alvin Lee and Company, raccolta con inediti e rifacimenti di vecchi classici, e Rock & Roll Music To The World, con brani come Standing at the Station, You Give Me Loving e Choo Choo Mama.

Siamo arrivati al 1973, Alvin Lee si sente troppo stretto nella sua band e prepara con il musicista gospel Mylon LeFevre un album di country rock On The Road to Freedom.



L'album vede la collaborazione di artisti del calibro di George Harrison, Steve Winwood, Ronnie Wood dei Rolling Stones e Mick Fleetwood dei Fleetwood Mac.






L'anno dopo scioglie la band ed incide come Alvin Lee & Co un doppio live In Fight e con i membri della sua ex band Pump Iron e Let it Rock.
Nel 1978 la riunisce e come Alvin Lee Ten Years Later incide Rocket Fuel e l'anno dopo Ride On.






Nel 1980 cambia di nuovo, collabora con i Rare Birds di Steve Gould con i quali incide due album e nello stesso anno partecipa ad un famoso tour con John Mayall e Mick Taylor, il mitico chitarrista dei Rolling Stones.


Nel 1986 Detroit Diesel e nel 1992 Zoom, entrambi i lavori con la collaborazione di George Harrison.

Nel 2004 Alvin Lee in Tennessee, inciso con Scotty Moore e D.J.Fontana.


Nel 2007 esce Saguitar.

Sempre fedele alla sua band, solo nel 2003 viene sostituito da Joe Gooch (nella foto sopra con il berretto e la formazione attuale) con il quale la Ten Years After incide Now e nel 2008 Evolution.

Il suo ultimo lavoro da solista è Still On The Road To Freedom.

Muore nel 2013 a 68 anni per le complicazioni seguite ad un banale intervento chirurgico.


Alvin Lee rimane un grande chitarrista, senza lo spessore di nomi come Eric Clapton o Gary Moore, ma testimone fedele dello spirito di quegli anni '70 che vedono il blues soprattutto inglese legarsi molto all'hard rock, diventando il punto più alto di questo stupendo e unico genere.

lunedì 14 agosto 2017

I Grandi del Blues Rock: 20 - Steve Ray Vaughan





Nasce nel 1954 grande e mitico esponente della chitarra blues americana e benché durante la sua breve vita abbia pubblicato solo quattro album in studio e uno live, è noto come uno dei musicisti più influenti nella storia del blues rock.





Il suo caratteristico stile, spesso paragonato a quello di Hendrix, ha segnato in modo importante il mondo della musica, influenzando un'intera generazione di musicisti dei più vari stili, da Eric Clapton a Kenny Wayne Sheperd.





Si avvicina alla chitarra grazie al fratello più grande, Jimmie, futuro chitarrista dei Fabulous Thunderbids, che lo introduce all'ascolto di tutte le leggende del blues, da Albert King a Otis Rush.
Dopo le prime prove in duo con il fratello nel 1972 inizia a girare da un gruppo all'altro.




Entra nei Nightcrawlers e poi nel Paul Ray & the Cobras, con i quali nel 1974 registra Texas Clover.

Nel 1977 forma i Triple Threat Revue insieme alla cantante Lou Ann Burton, poi diventati Double Trouble (il nome viene preso dal titolo del mai dimenticato Otis Rush).

Nel 1979 la Burton decide di lasciare per intraprendere la carriera solista e dal quel momento i Double Trouble diventano un trio, con Stevie Ray Vaughan voce e chitarra solista, Chris Layton batteria e Tommy Shannon al basso.



Il suo momento arriva quando incontra Mick Jagger che riesce a portarlo nel 1982 al Montreux Festival Jazz.
L'esibizione non fu un successo, il pubblico non era abituato alle crude sonorità di questo strano chitarrista blues, ma la sua arte viene notata da David Bowie che decide di ingaggiarlo per la registrazione del disco Let's Dance e per il tour mondiale che segue l'album.




Il tour inizia ma Vaughan lascia dopo pochi giorni e per nostra fortuna torna in Texas dai Double Trouble, dove grazie a Jackson Brown riesce ad incidere il suo primo album Texas Flood.






E' il 1983 e Vaughan ha 28 anni, è al massimo della sua arte: i suoi assoli sono travolgenti e cristallini e la padronanza dello strumento è assoluta.
La sua voce non sfigura e sembra nata per il blues, il successo e enorme.







L'anno dopo esce Couldn't Stand the Weather, il secondo album dove si sente appieno l'influenza di Hendrix e dove la versione di Voodoo Chile (Slight Return) non è la solita cover ma è un vero capolavoro, uno degli apici di questo grande musicista.







Il passo successivo è Soul To Soul nel 1985, che vede l'inserimento nel gruppo del tastierista Reese Wynans considerato come il quarto Double Trouble.








In questo periodo, all'apice della bravura e della fama, Stevie partecipa come guest star anche ad album di altri artisti come Johnny Copeland con Texas Twister, James Brown con Gravity, Marcia Ball con Soulfull Dress e con uno dei suoi idoli, Lonnie Mack per Strike Like Lightning.




Nel 1986 l'abuso di alccol e droga fanno crollare il suo fisico e durante un tour in Germania viene colto da collasso e ricoverato d'urgenza in ospedale.






La paura è tanta e Stevie dovrà affrontare un lungo periodo di disintossicazione, che lo tengono lontano dalle scene.

Il ritorno in studio nel 1989 coincide con l'uscita di In Step altro grande successo internazionale.
L'album segna il passaggio ad un suono meno rude e più armonioso.

Nel 1990 collabora con il fratello Jimmie prima all'album di Bob Dylan Under the Red e poi a Family Style, lavoro che sarà pubblicato postumo e poco acclamato da critica e pubblico.



Nel gennaio dello stesso anno partecipa al MTV Unplugged, registrando in versione acustica (con una chitarra a 12 corde) i brani Rude Mood, Pride And Joy, Testify e Life Without You (che interrompe dopo pochi accordi incalzato dal pubblico che chiede a gran voce di ripetere Testify).


Questa rappresenta una delle pochissime registrazioni conosciute in cui Stevie imbraccia una chitarra acustica.

Il 27 agosto 1990, la tragedia: dopo aver partecipato ad un grande concerto con Eric Clapton, Robert Cray, Buddy Guy e il fratello Jimmie, sale su un elicottero per tornare al suo albergo di Chicago.

Il posto di Vaughan avrebbe dovuto essere di Clapton, ma Vaughan, stanco per il concerto (come dichiarerà in seguito lo stesso Clapton), chiede di partire per primo.

Poco dopo il decollo il veivolo si schianta contro una collina a causa della fitta nebbia e della probabile inesperienza del pilota.

Le tre persone a bordo, un collaboratore di Eric Clapton, il pilota, e Stevie Ray Vaughan, muoiono nell'incidente







La morte prematura lo proietta nella leggenda, ma priva irrimediabilmente la musica di uno dei suoi interpreti più accesi e sensibili.








Dopo la sua morte vengono pubblicati diversi altri album, live e compilation ed un solo album di inediti in studio, The Sky Is Crying nel 1990, degno dei precedenti e celebre per la formidabile interpretazione strumentale di Little Wing di Jimi Hendrix e per la presenza dell'unico brano acustico registrato in studio e pubblicato ufficialmente, Life By The Drop.

Molto bello anche l'album In Session, jam session in studio con Albert King registrata nel 1983 e pubblicata postuma nel 1999.




Nel 1992 la Fender inizia la produzione di una Stevie Ray Vaughan Signature Stratocaster, progettata insieme con Stevie poco prima della sua morte.
La chitarra è la replica commerciale della chitarra preferita da Stevie, che lui chiamava Number One o First Wife.





Nel 2000 la Columbia Records pubblica di nuovo la sua intera discografia inserendo per ogni album inediti e live.

Nel 2004 la Fender produce in soli 100 esemplari una riproduzione fedelissima della sua chitarra.
A tale replica, fedele in ogni punto (compresi i graffi sulla vernice), viene dato il nome di Stevie Ray Vaughan Tribute Model "Number One" Stratocaster Guitar.
Ogni esemplare è numerato ed ha grande valore collezionistico.

sabato 11 marzo 2017

I Grandi del Blues Rock: 19 - Rory Gallagher









(1948 – 1995) chitarrista irlandese.












Inizia a suonare molto giovane e negli anni 60 si traferisce a Londra dove forma i Taste con il bassista Eric Kitteringham e il batterista Norman Damery poi sostituiti da Charlie Mc Kraken al basso e John Wilson alla batteria e dove purtroppo inizia la sua forte dipendenza all'alcool.









Suona un forte hard blues e nel 1970 partecipa al famoso festival dell'Isola di Wight dove ottiene un enorme successo.

Nello stesso anno esce On The Boards che diventa un grande successo e dove Rory eccelle sia come chitarrista che come autore.





L'anno dopo scioglie i Taste per iniziare la carriera solista.

Nel 1971 esce l'ottimo album omonimo con il bassista Gerry Mc Avoy e il batterista Wilger Campbell, con la hit Sinnerboy.


Nel 1972 altro grande successo con Deuce, con brani come I'm Not Awake Yet, Used To Be, Don't Know Where I'm Going e soprattutto Crest of a Wave.





Nel 1973 esce Blueprint, album di buon successo con Lou Martin alle tastiere e Rod De'Ath alla batteria e Tattoo dove sperimenta stili diversi dal jazz con They Don't Make Them Like You Anymore al funk con Livin' Like a Trucker,con brani famosi come Cradle Rock, Tatoo'd Lady e A Million Miles Away.










Segue il live Irish Tour, considerato il suo capolavoro.

Inizia a toccare l'hard rock nel 1975 con Against the Grain e l'anno dopo con Calling Card di nuovo il jazz.

Nel 1978 Photo Finish con brani come Shadow Play, Overnight Bag, Cruise On Out e Shin Kicker.








Nel 1979 Top Priority con l'ottima Bad Penny.
Nel 1987 torna al blues con Defender e nel 1992 Bullfrog Interlude, il suo ultimo album in studio.






Ormai completamente alcolizzato nel 1994 è costretto a sottoporsi ad un trapianto di fegato come unica speranza per sopravvivere.

Il trapianto non ha buon esito e muore nel 1995 a solo 47 anni.



In Irlanda è lutto nazionale, muore un musicista molto amato, un vero talento della chitarra, un uomo che poteva ancora dare tanto alla musica e che merita assolutamente di essere ascoltato.



Un artista che ha venduto più di 30 milioni di album, semplice e geniale, sempre vicino al suo pubblico e alla sua Irlanda.

Un grande musicista e un personaggio vero, autentico.



Nel 1996 appare il primo album postumo, Blue Days for the Blues, poi esce BBC Sessions, che contiene registrazioni inedite sia dal vivo che in studio, e Wheels Within Wheels con outtakes e brani acustici.


giovedì 12 gennaio 2017

I grandi del Blues Rock: 18 - Johnny Winter








John Dawson Winter nasce nel 1944, chitarrista e produttore.









Inizia a suonare con il fratello Edgar, oggi famoso tastierista, ad appena 10 anni in uno spettacolo televisivo.







A 15 anni forma il suo primo gruppo Johnny and the Jammers ed incide il singolo School Day Blues.









Inizia ad essere conosciuto come virtuoso della chitarra e partecipa ai concerti di artisti del blues del calibro di Muddy Waters (di cui diventerà il produttore) e di B.B. King.






Nel 1967 incide con Roy Head and the Traits un singolo country e l'anno dopo il suo primo album The Progressive Blues Experiment con blues cover come It's My Own Fault di BB King, Help Me di Sonny Boy Williamson e I Got Love If You Want It di Slim Harpo.









La sua grande occasione arriva quando Mike Bloomfield, famoso chitarrista blues, lo invita a suonare durante un concerto al mitico Fillmore East di New York.
Winter suona e canta un brano di BB King It's My Own Fault ed ha un successo strepitoso.







E' il suo lancio uffciale, firma un contratto con la Columbia e nel 1969 esce l'album Johnny Winter con Tommy Shannon al basso, Uncle John Turner alla batteria, il fratello Edgar alle tastiere e due nomi mitici come Willie Dixon al contrabasso e Walter Horton all'armonica.


L'album è un grande successo e gli apre le porte dei grandi festival rock dell'epoca come Woodstock al quale partecipa con il suo gruppo.

Esce Second Winter sempre con il fratello Edgar e strano per l'epoca è un triplo album dove però due lati sono vuoti, con brani che poi ripeterà in tutti i suoi concerti come Johnny B. Goode di Chuck Berry, Highway 61 Revisited di Bob Dylan.


E poi due brani di Little Richard Slippin' and Slidin e Miss Ann e i suoi pezzi come Hustled Down in Texas,Fast Life Rider,I Love Everybody e I'm Not Sure.

Edgar inzia la sua carriera solista e forma il suo gruppo Edgar Winter's White Trash.




Johnny riforma la band con guitarist Rick Derringer alla chitarra, bassist Randy Jo Hobbs al basso e Randy Z, il fratello di Derringer, alla batteria, ma il consumo di eroina lo costringe al lasciare le scene.




Nel 1973 ritorna con Still Alive and Well, un bell'album blues e l'anno dopo Saints & Sinners, sempre molto bello.

Nel 1975 Thunderhead album con Pat Rush e Bobby "T" Torello.



Nel 1977 produce l'album Hard Again del grande Muddy Waters che diventa subito un best sellers e che vede la partecipazione di James Cotton all'armonica, un altro mito del blues.



Winters produce poi altri due due lavori di Waters I'm Ready con Big Walter Horton all'armonica e il famosissimo King Bee.

In questi ultimi anni ha continuato ad incidere album molto belli, seguitando il suo lavoro di produttore.



Molto bello è The Woodstock Experience del 2009 dove racchiude le registrazioni live del famoso festival del 1968.
Un lavoro assolutamente da ascoltare dove si possono ascoltare i brani registrati all'epoca da Santana, Janis Joplin, Sly & the Family Stone, Jefferson Airplane e naturalmente dallo stesso Winter.



Il suo ultimo lavoro è Step Back del 2014.

Un bluesman d'annata che però non è mai arrivato al grande successo, un musicista molto valido forse danneggiato da una immagine non positiva e da un comportamento caratteriale molto particolare.


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