domenica 2 ottobre 2011
I Grandi del Blues: 53 - Sonny Boy Williamson II
Come abbiamo già visto nell'articolo precedente abbiamo due artisti con lo stesso nome, entrambi grandi talenti dell'armonica ed entrambi personaggi storici del blues.
Parliamo ora di Alex Rice Miller, Sonny Boy Williamson II, un personaggio da sempre circondato di mistero, con una data di nascita ed un nome che nessuno conosce esattamente, con una biografia sempre vaga e con pochi dati certi.
L'unica certezza è che è uno dei grandi della musica di questo secolo.
Sonny Boy Williamson II
Alex Rice Miller (se questo è il vero nome) nasce a Glendora, Mississippi, nella piantagione di Cell-Jones,nel 1897 (anche se altre fonti citano date diverse 1893 e 1910) e lui stesso ha sempre lasciato il dubbio sulla sua data, dicendo solo di essere un uomo dell'800 e lo dimostrava vestendo sempre in modo impeccabile con ombrello e bombetta.
Come molti bluesmen fugge presto di casa per girare nelle campagne del sud suonando la chitarra e il kazoo e facendosi chiamare Little Boy Blue.
In quegli anni incontra anche Robert Johnson e lui raccontava che il grande musicista, che Miller ammirava moltissimo, gli era morto fra le braccia (questo fra l'altro non fece che aumentare il mistero sulla vita e la morte di Johnson).
Nel 1931 incontra il chitarrista Robert Jr. Lockwood, suoneranno insieme per diversi anni e dal 1941 al 1944 farà anche parte del suo gruppo i King Biscuit Boys, dove fra gli altri suonerà anche Pinetop Perkins.
La storia di questo grande artista sconfina spesso nella leggenda ed è storia stessa del south blues di cui fu uno dei protagonisti, Miller contribuirà a farlo conoscere quando dalle campagne del sud si trasferirà a Chicago.
Il vero successo arriva nel 1941 in Arkansas, attraverso le onde della nuova stazione radio KFFA, con il programma King Biscuit Flour, che pubblicizzava ed era sponsorizzato da una famosa industria di farina.
La KFFA fu una delle prime radio che iniziò a vedere i neri come una grande clientela, tanti consumatori a cui la pubblicità ancora non si rivolgeva.
Per farlo (per vendere poi la pubblicità) cominciò a mettere sotto contratto musicisti neri di blues e gospel.
Il blues divenne così molto popolare, raggiunse il pubblico bianco che non lo aveva mai sentito prima e Miller diventò una vera e propria star.
Per quasi vent'anni, all'ora di pranzo e per 15 minuti, tutti i giorni, era l'ora di King Biscuit e di blues e questo diventò un fenomeno di tale portata che nel bene e nel male diventa l'inizio della pubblicità e degli sponsor come noi oggi li conosciamo.
I neri non sono solo fruitori di race records (le case discografiche dove lavoraravano i musicisti neri) ma sono clienti e possono comprare di tutto, questo cambia anche la mentalità, l'industria li guarda in modo diverso.
Non cambia il razzismo che sarà imperante per tutti gli anni cinquanta, ma i neri sono clienti e questo basta.
Il blues radiofonico fu importante anche se decretò in un certo modo la fine del blues del sud, almeno per come era stato fino ad allora.
Il blues nato nelle piantagioni di cotone si svincola delle sue origini e diventa un fenomeno nazionale, anche se lo sfruttamento pubblicitario farà perdere parte della sua genuinità e poesia.
Una delle ragioni primarie fu che risultava assai difficile, per i bluesman sotto contratto, essere ispirati sempre allo stesso modo, tutti i giorni ed alla stessa ora, e poi chi comprava gli spazi decideva anche il repertorio.
I testi poi, punto cardine del south blues,parlavano di vita vissuta, con sottintesi e riferimenti alle ingiustizie subite, fatti di frasi sulle quali tra l'altro si sviluppavano anche le armonie, le risposte chitarristiche.
Questo non interessava più, l'ascoltatore era distratto e non cercava significati particolari.
Comunque con tutti i suoi limiti questo sfruttamento commerciale fece bene al blues, lo rese come detto una musica che ascoltavano tutti, non solo i neri.
Grazie a questo qualche anno dopo i bianchi andranno a miscelarlo al loro country e da questo connubio nascerà il rock and roll.
Miller ora con il nome di Sonny Boy Williamson II diviene così il bluesman più popolare dell'Arkansas, ricercato dai locali notturni (perché alla fine della pubblicità diceva dove avrebbe suonato la sera) e dai suoi colleghi, quest'ultimi che lo contattavano per entrare nel giro radiofonico,uno di questi fu Elmore James.
Nasce il suo stile e la sua armonica si arricchisce di nuove sfumature.
Quando incide per la prima volta alla fine del 1950 il brano Miss per la Trumpet Records era già dunque Sonny Boy Williamson II (tra l'altro il primo Sonny Boy era già morto).
Rimane alla Trumpet fino al 1955 ed incide brani come Eyesight To The Blind.
Incide diversi album e singoli, tutti di ottima qualità con chitarristi come B.B. King, Joe Willie Wilkins e pianisti come Willie Love.
Il suo periodo migliore però è nel 1955 quando passa alla Checker Label, una sussidiaria della Chess.
Qui ritrova Lockwood e, insieme anche ad altri chitarristi tipo Luther Tucker e gente come Otis Spann, Willie Dixon e Fred Below con i quali incide brani immortali come Don't Start Me Talking, Help Me, Keep It To Yourself, Your Funeral and My Trial, Trust My Baby, Bye Bye Bird, Bring It On Home, Mighty Long Time.
Incide anche con il supporto di altri eccezionali musicisti come Pinetop Perkins e Lafayette Leake, Muddy Waters, Buddy Guy, Jimmy Rogers, Matt Murphy, Jack Myers, Odie Payne.
Rimarrà alla Checker fino alla sua morte nel 1965.
I suoi testi sono ironici e allusivi, il suo stile è duttile e morbido con la capacità unica di usare ed inventare un nuovo vocabolario di toni, arricchito da evoluzioni personali, sia nell'intensa espressività vocale che nel fraseggio con l'armonica.
Ogni riff di Sonny Boy è ricco, con bassi profondi, note giuste al momento giusto senza eccessi se non di scena come l'armonica suonata dentro la bocca.
Negli anni '60 anche lui partecipa come Little Walter, Bo Diddley, Muddy Waters e John Lee Hooker ai grandi concerti inglesi dove i pilastri del blues nero suonano con le nuove icone del blues rock bianco.
Concerti spesso anche molto belli ma dove il blues non c'entrava, era solo un modo per spingere e valorizzare i nuovi idoli del rock, gruppi come i Rolling Stones, gli Yardbirds o gli Animals.
Dal 1963 al 1964 è in Europa dove incide per la Storyville e dove registra le diverse collaborazioni con i gruppi inglesi (questa cosa ovviamente fece molto bene al blues bianco inglese).
La sua ultima incisione è del 1964 I'm Trying To Make London My Home con Hubert Sumlin alla chitarra.
Nel 1965, dopo tanta Europa, torna a casa e riprende in mano i microfoni di radio KFFA, dove ritrova Peck Curtis alla batteria e Houston Stackhouse alla chitarra, vecchi amici e solidi musicisti della sua vecchia band.
Qualche giorno dopo non risponde al telefono e sarà proprio Peck Curtis a trovarlo morto nel suo letto.
Muore così un grande artista, la sua armonica così genuina ed elegante, generosa e creativa, geniale e rude, giocosa e triste muore con lui.
Non ci sarà più un armonicista del suo calibro.
Parliamo ora di Alex Rice Miller, Sonny Boy Williamson II, un personaggio da sempre circondato di mistero, con una data di nascita ed un nome che nessuno conosce esattamente, con una biografia sempre vaga e con pochi dati certi.
L'unica certezza è che è uno dei grandi della musica di questo secolo.
Sonny Boy Williamson II
Alex Rice Miller (se questo è il vero nome) nasce a Glendora, Mississippi, nella piantagione di Cell-Jones,nel 1897 (anche se altre fonti citano date diverse 1893 e 1910) e lui stesso ha sempre lasciato il dubbio sulla sua data, dicendo solo di essere un uomo dell'800 e lo dimostrava vestendo sempre in modo impeccabile con ombrello e bombetta.
Come molti bluesmen fugge presto di casa per girare nelle campagne del sud suonando la chitarra e il kazoo e facendosi chiamare Little Boy Blue.
In quegli anni incontra anche Robert Johnson e lui raccontava che il grande musicista, che Miller ammirava moltissimo, gli era morto fra le braccia (questo fra l'altro non fece che aumentare il mistero sulla vita e la morte di Johnson).
Nel 1931 incontra il chitarrista Robert Jr. Lockwood, suoneranno insieme per diversi anni e dal 1941 al 1944 farà anche parte del suo gruppo i King Biscuit Boys, dove fra gli altri suonerà anche Pinetop Perkins.
La storia di questo grande artista sconfina spesso nella leggenda ed è storia stessa del south blues di cui fu uno dei protagonisti, Miller contribuirà a farlo conoscere quando dalle campagne del sud si trasferirà a Chicago.
Il vero successo arriva nel 1941 in Arkansas, attraverso le onde della nuova stazione radio KFFA, con il programma King Biscuit Flour, che pubblicizzava ed era sponsorizzato da una famosa industria di farina.
La KFFA fu una delle prime radio che iniziò a vedere i neri come una grande clientela, tanti consumatori a cui la pubblicità ancora non si rivolgeva.
Per farlo (per vendere poi la pubblicità) cominciò a mettere sotto contratto musicisti neri di blues e gospel.
Il blues divenne così molto popolare, raggiunse il pubblico bianco che non lo aveva mai sentito prima e Miller diventò una vera e propria star.
Per quasi vent'anni, all'ora di pranzo e per 15 minuti, tutti i giorni, era l'ora di King Biscuit e di blues e questo diventò un fenomeno di tale portata che nel bene e nel male diventa l'inizio della pubblicità e degli sponsor come noi oggi li conosciamo.
I neri non sono solo fruitori di race records (le case discografiche dove lavoraravano i musicisti neri) ma sono clienti e possono comprare di tutto, questo cambia anche la mentalità, l'industria li guarda in modo diverso.
Non cambia il razzismo che sarà imperante per tutti gli anni cinquanta, ma i neri sono clienti e questo basta.
Il blues radiofonico fu importante anche se decretò in un certo modo la fine del blues del sud, almeno per come era stato fino ad allora.
Il blues nato nelle piantagioni di cotone si svincola delle sue origini e diventa un fenomeno nazionale, anche se lo sfruttamento pubblicitario farà perdere parte della sua genuinità e poesia.
Una delle ragioni primarie fu che risultava assai difficile, per i bluesman sotto contratto, essere ispirati sempre allo stesso modo, tutti i giorni ed alla stessa ora, e poi chi comprava gli spazi decideva anche il repertorio.
I testi poi, punto cardine del south blues,parlavano di vita vissuta, con sottintesi e riferimenti alle ingiustizie subite, fatti di frasi sulle quali tra l'altro si sviluppavano anche le armonie, le risposte chitarristiche.
Questo non interessava più, l'ascoltatore era distratto e non cercava significati particolari.
Comunque con tutti i suoi limiti questo sfruttamento commerciale fece bene al blues, lo rese come detto una musica che ascoltavano tutti, non solo i neri.
Grazie a questo qualche anno dopo i bianchi andranno a miscelarlo al loro country e da questo connubio nascerà il rock and roll.
Miller ora con il nome di Sonny Boy Williamson II diviene così il bluesman più popolare dell'Arkansas, ricercato dai locali notturni (perché alla fine della pubblicità diceva dove avrebbe suonato la sera) e dai suoi colleghi, quest'ultimi che lo contattavano per entrare nel giro radiofonico,uno di questi fu Elmore James.
Nasce il suo stile e la sua armonica si arricchisce di nuove sfumature.
Quando incide per la prima volta alla fine del 1950 il brano Miss per la Trumpet Records era già dunque Sonny Boy Williamson II (tra l'altro il primo Sonny Boy era già morto).
Rimane alla Trumpet fino al 1955 ed incide brani come Eyesight To The Blind.
Incide diversi album e singoli, tutti di ottima qualità con chitarristi come B.B. King, Joe Willie Wilkins e pianisti come Willie Love.
Il suo periodo migliore però è nel 1955 quando passa alla Checker Label, una sussidiaria della Chess.
Qui ritrova Lockwood e, insieme anche ad altri chitarristi tipo Luther Tucker e gente come Otis Spann, Willie Dixon e Fred Below con i quali incide brani immortali come Don't Start Me Talking, Help Me, Keep It To Yourself, Your Funeral and My Trial, Trust My Baby, Bye Bye Bird, Bring It On Home, Mighty Long Time.
Incide anche con il supporto di altri eccezionali musicisti come Pinetop Perkins e Lafayette Leake, Muddy Waters, Buddy Guy, Jimmy Rogers, Matt Murphy, Jack Myers, Odie Payne.
Rimarrà alla Checker fino alla sua morte nel 1965.
I suoi testi sono ironici e allusivi, il suo stile è duttile e morbido con la capacità unica di usare ed inventare un nuovo vocabolario di toni, arricchito da evoluzioni personali, sia nell'intensa espressività vocale che nel fraseggio con l'armonica.
Ogni riff di Sonny Boy è ricco, con bassi profondi, note giuste al momento giusto senza eccessi se non di scena come l'armonica suonata dentro la bocca.
Negli anni '60 anche lui partecipa come Little Walter, Bo Diddley, Muddy Waters e John Lee Hooker ai grandi concerti inglesi dove i pilastri del blues nero suonano con le nuove icone del blues rock bianco.
Concerti spesso anche molto belli ma dove il blues non c'entrava, era solo un modo per spingere e valorizzare i nuovi idoli del rock, gruppi come i Rolling Stones, gli Yardbirds o gli Animals.
Dal 1963 al 1964 è in Europa dove incide per la Storyville e dove registra le diverse collaborazioni con i gruppi inglesi (questa cosa ovviamente fece molto bene al blues bianco inglese).
La sua ultima incisione è del 1964 I'm Trying To Make London My Home con Hubert Sumlin alla chitarra.
Nel 1965, dopo tanta Europa, torna a casa e riprende in mano i microfoni di radio KFFA, dove ritrova Peck Curtis alla batteria e Houston Stackhouse alla chitarra, vecchi amici e solidi musicisti della sua vecchia band.
Qualche giorno dopo non risponde al telefono e sarà proprio Peck Curtis a trovarlo morto nel suo letto.
Muore così un grande artista, la sua armonica così genuina ed elegante, generosa e creativa, geniale e rude, giocosa e triste muore con lui.
Non ci sarà più un armonicista del suo calibro.
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